Novità editoriale:ambientato nell'Emmental di fine '800 il primo poliziesco svizzero.

Nel 1908 Carl Albert Loosli, redattore del Berner Tagwacht, scrive un’introduzione al racconto di Edgar Allan Poe I delitti della Rue Morgue, prototipo della detective story, che uscirà a puntate nel quotidiano. Lo scrittore conosce bene il genere, in particolare Conan Doyle. L’inganno del diavolo si inserisce nella tradizione del poliziesco «alla svizzera», continuata con successo da Glauser e Dürrenmatt, e si può leggere come un giallo a tutti gli effetti: c’è un morto, c’è un indagato, c’è un’inchiesta, c’è un processo, c’è una sentenza. Ma di tutto questo Loosli si serve come di una lente d’ingrandimento per esplorare il sistema giudiziario bernese di fine Ottocento e tratteggiare un quadro notevole della realtà politica, sociale e culturale dell’Emmental in quell’epoca. L’inganno del diavolo è stato definito da più parti il primo romanzo poliziesco svizzero. Ma lo è, in effetti?

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Uno dei racconti dello svittese Mainrad Inglin selezionati da Mattia Mantovani per questa raccolta si intitola La valanga, ed è la storia di un amore sbocciato durante un’impetuosa e mortale tempesta di neve sulle Alpi della Svizzera centrale. L’autore descrive con grande realismo il soffio violento del vento, il pericoloso accumularsi della neve sulle verticali pareti rocciose, lo spostamento d’aria che può uccidere prima ancora dell’arrivo della valanga.
In un altro brano, non più narrativo stavolta, Inglin ricorda quando, da soldato, vagò con i suoi compagni fra il Gottardo, il Grimsel e la Nufenen, impossibilitato a vedere più in là della punta del naso per colpa di una bufera di neve; era il 28 luglio 1926.
In un terzo brano ancora, Appunti di un cacciatore, Inglin spiega che solo chi vive la passione della caccia la può capire. E precisa che solo un cacciatore che è anche uno scrittore è in grado non soltanto di viverla, ma anche di descriverla.
In questo concetto risiede la potenza della prosa di Meinrand Inglin, uno scrittore nato sul finire dell'Ottocento, testimone dei grandi cambiamenti in atto nel mondo – e nel suo piccolo cantone. Uno scrittore che sceglie di scrivere di quello che conosce e di quello che ama, perché sa che ogni luogo può essere il centro del mondo e che le emozioni umane sono sempre le stesse.

Se non sai cosa regalare... o cosa leggere.
Scopri  i dieci titoli più venduti all'inizio di dicembre:

1. Il Collegio Papio di Ascona
2. I miti svizzeri
3. Gatti unici
4. Il Ticino dei colletti sporchi
5. Quando tutto va male
6. Flash
7. L'oro blu del Ticino
8. Ricordi di un cacciatore
9. Fuga dalla Russia
10. La bambina nel bosco

Charles Bukowski guardava un gatto quando si sentiva giù, e Kerouac amava talmente il suo Tike da inserirlo nel suo romanzo più celebre, “Big Sur”. Il “Gatto nero” di E. A. Poe era modellato sulla sua micia Cattarina, Neruda dedicò al gatto un’ode e Torquato Tasso un sonetto. Hemingway era un vero e proprio gattaro, e Céline non si separò mai dal suo Bébert durante i suoi pericolosi viaggi.
Quello fra gatti e scrittori è quindi un amore solido e duraturo, cui non sfugge Francesco Renzo Roveti, poeta di casa nostra che, come un novello Thomas S. Elliot – dai cui versi è tratto il musical “Cats” – si diverte a inventariare in rima baciata il variegato mondo felino che lo circonda.
Prendono così vita gatti alle prese con il collare elisabettiano, gatti tristi e gatti in vacanza, gatti che vanno a caccia, gatti che fanno yoga, gatti che, poverini, devono mettersi a dieta, e la poesia è il solo linguaggio in grado di rendere giustizia a questo animale così straordinario e mutevole.
Questi gatti unici invitano il lettore a vedere il mondo da un’altra prospettiva; più umana, paradossalmente. Parola di gatto.